Quella dei taxisti è una lobby. Una casta, quasi intoccabile. Un gruppo chiuso, in cui le (costose) licenze sono quasi tramandate di padre in figlio o trattate come ‘assicurazione’ sulla vecchiaia.

taxi_nyQuella dei taxisti è una categoria che difende privilegi acquisiti negli anni. Un agglomerato di vantaggi e barriere all’ingresso che ne fa una ‘cosa’ praticamente intoccabile. Un insieme di lacci e lacciuoli impedisce di scardinare lo status quo.

Internet però è più forte delle lobby. Prendete Uber, un’applicazione per smartphone che permette di prenotare un’auto a noleggio con conducente: auto comoda, pulita, che accetta carta di credito, puntuale, rapida, senza soprese.

Quando viaggiavo spesso a Roma per lavoro usavo Samarcanda, una cooperativa che si avvicina molto al concetto su cui si basa Uber. Ogni volta – o quasi – che ho preso un taxi ‘normale’ in Italia ho avuto la sensazione che qualcosa non andasse.

Ci vanno 8 occhi per sperare che non succeda nulla (dai supplementi corsa inventati al tragitto allungato ad hoc, dall’auto vecchia e sporca alla mancanza di un POS per pagare con carta di credito).

Ben venga l’innovazione, ben vengano applicazioni che permettono di scardinare un sistema medioevale che crea inefficienze ed extracosti. Benvenga un servizio che costa il 10% ma che si può davvero chiamare servizio di qualità.Vediamo cosa capita a Milano dove a Uber si sta per affiancare Ezdriver.

E quando leggo di taxisti minacciati e picchiati mi vien voglia di fare un post per dire che no, le minacce dei taxisti non servono: basterebbe dare un servizio degno di questo nome, i clienti non vogliono che quello. E sono anche disposti a pagare.