Continuano più che mai intense le discussioni sul nuovo Apple iPhone, presentato nei giorni scorsi e che ha già diviso i commentatori di mezzo mondo. C’è chi lo ama e grida “Sarà mio!”, c’è chi rimane scettico e lo ritiene un bel prodotto ma non certo la rivoluzione dipinta da Jobs.

Alessandro titola “Sbrodolamenti iPhone” e ci va giù pesante: “Che tristezza leggere tanti commenti sbrodolati sull’iphone, privi di senso critico” salvo poi scusarsi e ridimensionare l’attacco.

Giusto ieri raccontavo dei quattro punti deboli discussi da Franco Carlini sul Manifesto, con le riflessioni di Dimitri nei commenti al post: “mi interrogavo anch io circa la relazione tra Apple e i career e sulla difficile “convivenza” del brand tra un’azienda (Apple) che s’insinua in un territorio a lei nuovo ma nel contempo con una identita cosi radicata e gli operatori che da sempre vogliono imprimere il loro senso di appartenenza anche e soprattutto sui telefonini”.

Senza voler nulla togliere agli appassionati della Mela, segnalo anche l’articolo pubblicato oggi da Finanza&Mercati a firma di Matthew Lynn.

“Apple più che un marchio è una specie di religione, un iToaster capace di riprodurre Mp3 e scaldare il pane attirerebbe la stessa attenzione. Ma siamo sicuri che l’iPhone sarà un successo?”

Secondo Lynn i motivi per dubitare del successo di iPhone sono almeno tre:
Apple arriva tardi alla festa. Per rosicchiare quote di mercato ai big dovrà faticare.
– il successo di un modello dipende anche dagli accordi che il produttore fa con i gestori di telefonia. Apple si è sempre mostrata restia a condividere marchi e prodotti, cambierà idea?
– l’iPhone non è un prodotto offensivo (Apple sul terreno Nokia, per intenderci) ma difensivo (evitare che i produttori di cellulari invadano il mercato iPod).