Non si placano le polemiche sulle lunghe code createsi venerdì scorso al lancio dell’iPhone 4, con tanto di rissa all’Apple Store di Carugate in Lombardia e migliaia di persone arrabbiate per non essere riuscite ad agguantare iPhone 4 nel giorno del lancio.

Facendo calcoli spannometrici da quanto si è letto in rete, meno del 10% delle persone che hanno provato a comprare il nuovo cellulare Apple sono tornati a casa  a mani piene.

Torno sull’argomento perchè molte persone mi hanno scritto per segnalarmi problemi nel reperire il prodotto in acquisto (ovvio!), altre hanno lasciato in rete tracce di comportamenti “particolari” da parte dei rivenditori.

(Update: visto il feed con lucchetto, riporto integralmente qui il messaggio di Friendfeed scritto da Giovy:
Peccato non ci sia nessuno di Vodafone in ascolto, vorrei chiedergli se è legale che un rivenditore si rifiuti di darmi un iPhone 4 in abbonamento, facendo il cambio di abbonamento (cosa che mi hanno sempre fatto senza problemi, eh!) ma è disponibile sottoscrivendo un nuovo abbonamento o una portability da altro operatore su abbonamento.)

Una situazione che in qualcuno ha generato frustrazione, con tanto di minaccia di ricorso all’Antitrust in qualche caso e, in molti altri, post negativi sull’argomento.

Secondo me ci sono davvero tante chiavi di lettura. La prima, lampante, è la politica delle scorte adottata da Apple. Come scrive Pierluca, si tratta di una ben precisa strategia della scarsità adottata da Apple. Inutile stupirsi o lamentarsi, è un modello di business che funziona, una strategia di vendita che crea spasmodica attesa e permette di vendere realizzando margini elevati.

Le ricadute di questa spasmodica attesa, quando non soddisfatte, spesso sono sulle spalle degli operatori telefonici: ho letto davvero tante lamentele sui negozianti – senza troppe distinzioni tra Tim, Vodafone e 3 – che hanno privilegiato la vendita dei pochissimi iPhone 4 a disposizione abbinati ad abbonamenti anzichè alla vendita in contanti.

Non ho letto altrettante lamentele da parte di chi ha passato ore notturne in coda agli Apple Store: se quando apri il negozio hai migliaia di persone in coda e sai che pochi di loro saranno soddisfatti, forse una buona gestione sarebbe comunicare a chi è in coda il numero di pezzi disponibili in modo che le persone possano in autonomia decidere se rimanere in coda o rinunciare. Non è stato fatto e in rete non leggo lamentele su questo, merito del ‘love brand’ forse?

Tornando alle telco, pur non essendo un avvocato – da cui mi piacerebbe sentire pareri, ce ne sono all’ascolto? – sgombrerei subito il campo da un equivoco che vedo qualcuno porta avanti. Il rivenditore ha in mano un listino prezzi applicati dall’operatore ma il listino non rientra nella cosiddetta offerta al pubblico (regolata dall’articolo 1336 del codice civile).Si tratta di un documento che indica genericamente l’offerta che il gestore applica sulla rete di vendita, non di una promessa che tutta la rete di vendita avrà tutti i prodotti in qualsiasi modalità.

I negozi di abbigliamento non hanno l’obbligo di avere tutte le taglie a disposizione, il venditore di ricambi auto ha listini per migliaia di pezzi ma spesso quei pezzi non sono disponibili o addirittura sono usciti di produzione e così via. Offerta al pubblico è quando vedi un prodotto in vetrina con il cartellino, ad esempio. Quel pezzo in vetrina deve essere venduto al prezzo indicato a chiunque ne faccia richiesta. Nel caso di iPhone 4, non ho visto vetrine con il prodotto esposto e il cartellino “in acquisto a xxx euro”: in questo caso il cliente entra, chiede al rivenditore il prodotto e con che modalità si può acquistare, il venditore illustra l’offerta e il cliente potenziale decide se aderire o meno.

Se sul piano legale dunque mi pare sia tutto nella norma, sul piano commerciale i punti di vista sono contrapposti.

Il cliente, che magari ha già una sim dell’operatore, vuole il prodotto e rimane deluso se non gli viene venduto nelle modalità che vorrebbe. Il rivenditore, che campa dei soldi guadagnati attraverso la vendita, sceglie di soddisfare prima i clienti che vogliono un contratto di alto valore e solo in seconda battuta chi semplicemente vuole il prodotto in acquisto.

Dov’è il giusto equilibrio? La prima risposta che mi viene da dare è che sia molto difficile dare una risposta equilibrata giudicando una situazione eccezionale. Così come la qualità di un’autostrada non si valuta dalla singola situazione del giorno di esodo estivo, così il giudizio sulle dinamiche di vendita di iPhone 4 andrebbero contestualizzate al giorno stesso.

Nel momento in cui ci sono scorte sufficienti per soddisfare tutta la domanda, il problema non si pone. Quando la domanda è elevata e l’offerta scarseggia, credo sia nella logica delle cose che chi vende dia e si dia una priorità, cercando di soddisfare in prima battuta un certo tipo di clientela per poi arrivare a soddisfare chiunque nel momento in cui le scorte di prodotto sono sufficienti. In un giorno particolare come quello di iPhone 4 è molto probabile che questa dinamica, prassi comune nel commercio, sia amplificata.

Ricordo quand’ero piccolo che la panetteria del piccolo paesino di villeggiatura, aperta anche domenica mattina, faceva fatica a soddisfare tutte le richieste perchè ai clienti di tutti i giorni si sommavano i villeggianti occasionali della giornata festiva. Era prassi che il pane per i clienti abituali si trovasse, per i villeggianti occasionali il cartello con il messaggio ‘è terminato’. Allo stesso modo i negozianti di abbigliamento che invitano la clientela migliore per le vendite pre-saldi oppure le compagnie aeree che danno priorità ad alcune tipologie di clienti.

In altre parole, credo debba ancora nascere al mondo un’azienda che sul piano commerciale non cerchi di segmentare i clienti in base al valore e poi di soddisfarli, partendo dal valore elevato per arrivare poi a quello più basso.

Perchè stupirsi o arrabbiarsi se accade anche per iPhone?