Leggevo con interesse della campagna Foursquare di McDonald’s, grazie al quale la catena statunitense di fast food – pardon, di ristoranti – ha aumentato del 33% il numero di accessi nei propri punti vendita check-in su Foursquare (vedi l’analisi) e ha ‘raccolto’ 600mila fan e follower sui propri account social media.

The company used 100 randomly awarded $5 and $10 giftcards as checkin bait to lure in potential diners. The bait also worked to attract the media’s attention and resulted in more than 50 articles covering McDonald’s Foursquare special. The campaign worked in both digital and real world capacities. Patrons flocked to McDonald’s restaurants for the chance to win giftcards in exchange for checkins, and 600,000 online denizens opted to follow and fan the brand on social media sites. “I was able to go to some of our marketing people — some of whom had never heard of Foursquare — and say, ‘Guess what. With this one little effort, we were able to get a 33% increase in foot traffic to the stores’,” Wion explained to conference attendees. [via]

In Italia funzionerebbe? Non con numeri così elevati, la mia stima di utenti attivi Foursquare in Italia è di poche migliaia di persone. Ma non è di questo che vorrei discutere adesso, quanto di una frase che mi ha colpito:
“I was able to go to some of our marketing people — some of whom had never heard of Foursquare — and say, ‘Guess what. With this one little effort, we were able to get a 33% increase in foot traffic to the stores’,” Wion explained to conference attendees.

Il dato che viene ‘venduto’ internamente ai manager e ai media è che con 1000 dollari investiti sul Web è possibile ottenere risultati incredibili. Questo è (stato) sicuramente vero per McDonald’s, così come esistono casi di successo di marketing on line low cost anche in Italia (su Business People di Duesse, nel 2009 ho parlato del caso INQ 1 venduto da 3 Italia, il mio attuale datore di lavoro).

Questo concetto di ‘Internet=costa poco e dà tantissimo’ – assai spendibile sui media e nelle conferenze – crea però all’interno dell’azienda distorsioni e percezioni sbagliate, a discapito della qualità del lavoro delle persone che ci occupano di on line e di tutto l’indotto (dalle agenzie agli editori on line ai consulenti).

Sul fronte aziendale, il rischio di continuare a insistere sul concetto di low cost estremo è di continuare a veder diminuire i budget dedicati all’on line nonostante il mercato e il ‘pubblico’ sia in crescita costante ed esponenziale da anni, senza per altro adeguare le aspettative di risultato al budget stanziato.Visto che “Internet è gratis” o che comunque “Il Web costa poco”, ma “dà enormi risultati”, l’effetto nozze-con-i-fichi-secchi è sempre in agguato.

Si continuano a spendere 100mila euro una tantum per contattare via lettera 30mila clienti (raggiungendone forse meno della metà grazie anche alle Poste e vedendo finire nel cestino migliaia di lettere intonse per l’effetto overbooking della pubblicità in buca), ma si fa fatica a trovare 30mila euro/anno per una piattaforma di spedizione newsletter con 10-15 milioni di invii.

Si continuano a spendere milioni di euro ogni anno per produrre stampare spedire e immagazzinare brochure cartacee, ma i 100mila euro per avere un sito Internet decente vanno strappati a morsi.

Una serata nel locale cool con le modelle e l’open bar spesso costa quanto l’attività annuale sui social media.

E così capita che nei budget aziendali, l’on line parta sempre con uno zero in meno rispetto ad altri media meno efficaci, perchè… Internet costa poco no? Questo inevitabilmente ha ricadute negative sia sui percorsi professionali (vi siete mai chiesti perchè i dipartimenti Web hanno spesso una percentuale di stageur più elevata della media aziendale? E perchè il numero di manager e direttori nell’on line sia infinitesimo rispetto all’off line?) sia sull’indotto, in particolare di Web Agency e consulenti. Alla società che produce un volantino cartaceo o a chi ‘inventa’ uno spot Tv, le aziende sono disposte a riconoscere valori molto più elevati rispetto a chi si propone per lavorare con e sul Web.

E’ il caso di cambiare? Secondo me sì: Internet non può essere per sempre il luogo del disvalore, chi lavora nel settore non può continuare ad essere quello “cheap&cool” che si può pagare la metà perchèopera su Web, una campagna Internet o un’iniziativa di marketing on line non possono continuare ad avere un budget di un decimo rispetto ad un’identica – in termini di risultati – campagna off line. Finchè non usciamo da questa idea, sarà difficile sia veder valorizzato il nostro lavoro, sia vedere aziende che davvero investono su Internet come medium del futuro.