Del polverone seguito alla pubblicazione di un articolo sui (finti) follower di beppe Grillo su Twitter rimarranno purtroppo solo le cose più becere e negative che la rete porta con sè.

Le minacce a Marco Camisani Calzolari, che hanno portato alla cancellazione degli account pubblici “per tutelare i propri figli”. Marco è un imprenditore e come tale stava probabilmente cercando di far conoscere la sua ultima creatura – Digital  Evaluations – con la scorciatoia che in Italia funziona meglio: il populismo legato alla politica. Esperimento sfuggito di mano con un’escalation che non fa bene a nessuno.

Il fatto che abbia lavorato per Berlusconi poco importa, così come il fatto che insegni come professore a contratto allo IULM non dà maggior credito ad una ‘ricerca’ che di scientifico ha ben poco. I parametri per decidere cosa è un follower e cosa è un bot sono opinabili a piacimento e variando un paio di parametri i numeri cambiano a piacimento.

L’attacco frontale di Grillo, un politico che ha fatto del populismo il cavallo di battaglia. Un politico non ha necessità di avere migliaia di follower su twitter, perchè il banco d’esame sono le elezioni. I numeri veri o falsi sui social network servono ai social media manager e alle agenzia di PR per giustificare i budget, non ai politici come prova provata di consenso.

Giustificare o non dissociarsi dalla minaccia dei propri ‘seguaci’ non ne fa un leader di riferimento. Se questo è il vero volto del ‘popolo della rete’, abbiamo perso un’altra occasione per cambiare questo Paese.