Da più di un mese ho questo post tra le bozze, indeciso se pubblicarlo o meno: avevo buttato giù qualche idea dopo aver partecipato a un seminario sui social media durante la Social Media Week di Milano. Poi la (triste) polemica seguita al post sul Nobel per la pace (con tanto di accusa al mondo dei blog e alle sue dinamiche) mi hanno convinto a tenere il post nel cassetto per evitare strumentalizzazioni, adesso che le acque sembrano più calme credo di poter finalmente riprendere alcuni concetti che mi ero annotato.

Tutto nasce dall’intervento al seminario citato sopra di Diego Biasi, Partner e Direttore Generale Business Press: in estrema sintesi, secondo Biasi, Internet e soprattutto i social media hanno appiattito la piramide della comunicazione rendendoci tutti uguali.

La mia idea – tanto da averlo sottolineato durante l’intervento dello stesso Biasi – è che l’appiattimento ci sia stato ma che non sia ancora generale. Se prima si ‘lavorava’ sul top della piramide (i giornalisti che parlano alla massa, poche persone che parlano alla moltitudine che ascolta), adesso si lavora nel ‘trapezio’ sottostante ovvero si è allargata la base di chi è in grado di parlare ad un pubblico ed è diminuita la base di chi ascolta un’unica voce.

Una delle regole d’oro delle P.R. è sempre stata “non litigare su chi è sul palco e ha il microfono in mano, perchè tu sei in platea e per quanto gridi il microfono – e l’ultima parola – ce l’ha sempre chi è sul palco”. La diffusione di Internet e la ‘socializzazione’ dei mezzi di comunicazione rende questa affermazione meno vera.

Per dirla alla Biasi, sui social tutti hanno un microfono. Io non credo che tutti abbiano un microfono dello stesso volume  – esistono poli emittenti che aggregano ascoltatori, in genere li chiamiamo influencers – ma quello che è innegabile è che si sia assistito alla moltiplicazione dei microfoni con volume paritario.

Quello che voglio dire è che oggi un singolo può parlare on line contemporaneamente a e con migliaia di persone, prerogativa che in precedenza era riservata solo a chi era sul palco. E mentre chi parla sul palco ha una platea ‘passiva’ di ascoltatori (o lettori, nel caso del giornale), on line una platea attiva può moltiplicare il volume fino a superare quello del microfono di chi è sul palco.

Qui nascono i problemi, specie per chi era abituato a parlare sul palco e non essere mai contraddetto. C’è chi frequenta e vive la rete, dunque si è abituato a certe dinamiche, e chi la rete la sfrutta a fini professionali ma non è ancora riuscito a dominarne completamente le dinamiche (per dirla alla Dadda, Essere o avere?).

Il concetto di leadership non è mutato molto, nel corso degli ultimi anni: anche nei social media e su Web in genere ci sono i leader, persone capaci di esprimere posizioni, stimolare le discussioni e dunque favorire l’emergere di posizioni diverse da quelle che raccontano dal palco. Questo è un passaggio fondamentale: non è comprando i fan che diventi leader sui social media, perchè quella è una leadership numerica conquistata con i soldi e non con la credibilità.

La difficoltà maggiore sembra proprio quella di abbandonare il concetto di leadership indotta (il leader ‘imposto’ dall’alto: per ruolo istituzionale, per gerarchia, ricchezza, potere o decisione politica, e così via) per passare a quella – favorita dal Web 2.0 – a quella di leader naturale.

Il leader naturale è quello che emerge dalle dinamiche, colui che non viene ascoltato e seguito in virtù di una posizione gerarchica: dal potere dominio al potere capacità. Non ascolto chi è sul palco ‘perchèp è sul palco’, ma perchè dice cose interessanti che condivido. In questo contesto, se chi è giù dal palco dice cose più interessanti, il leader gerarchico perde il proprio potere a favore del leader naturale.

Chi è sul palco, però, spesso fatica a comprendere queste dinamiche e anzi combatte con tutte le sue forse perchè questo non accada: perdere la leadership non fa mai piacere. Spegnere il microfono a chi è giù dal palco, ad esempio, è una delle strade più comuni: il direttore che coinvolge l’officer che spiega al director che investe del problema il commerciale, dinamica 1.0 (o forse 0.5) che nel breve ancora funziona. Prima o poi, però, spegnere tutti i microfoni non sarà più possibile: il tempo, in questo, ci è amico.