La visione della fibra da vicino, titolavo nei giorni scorsi citando Elioelestorietese a proposito del progetto di Fastweb, Vodafone e Wind per creare una rete in fibra in alcune città italiane.

Siamo, è evidente, al tutti contro tutti:
tre società private che chiedono al Governo soldi pubblici per un progetto che dicono privato (se è privato, perchè chiedere soldi pubblici?) e che prevede di cablare come è prevedibile solo zone in cui il business sia remunerativo. Non è un progetto che supera il digital divide, perchè le zone a cosiddetto fallimento di mercato continuano a rimanere escluse. Gli attriti, non mancano come dimostra la chiusura di 500 centrali sature senza comunicazioni preventive.
l’ex monopolista Telecom Italia che ribadisce di voler proseguire da sola, senza modificare i piani già presentati. Il management è certamente sotto pressione (Macquarie giusto oggi conferma il target price a 1 euro per Telecom Italia, con i grandi azionisti che potrebbero essere obbligati a svalutare le partecipazioni e i piccoli che sollecitano decisioni) ma al momento le strategie non sembrano essere intaccate. Come curiosità, segnalo La Repubblica di oggi che dà come possibile amminsitratore Telecom nel 2011 Luca Luciani (sì, quel Luciani) affiancato da Mauro Sentinelli come direttore generale

gli operatori medi che chiedono di partecipare al tavolo delle trattative con una lettera al vice ministro allo Sviluppo economico, Paolo Romani. Gli amministratori delegati di Aemcom, Brennercom, Cd Lan, Enter, Estracom, Infracom, Kpnqwest italia, Maclink e Unidata chiedono di essere inclusi nel progetto di realizzazione della rete di accesso di nuova generazione in fibra ottica e ricordano di aver già predisposto una joint venture, aperta anche ad altri operatori, proprio per partecipare al progetto.

– operatori alternativi che operano principalmente nel business che si dicono contrari alla rete in fibra o, meglio, non la considerano prioritaria rispetto al digital divide. L’a.d. di BT Italia (ex Albacom) Corrado Sciolla così al Sole24Ore di oggi:

“Domani Vodafone, Wind, Fastweb e Tiscali siederanno, insieme con Telecom Italia, al tavolo voluto dal Governo per parlare di banda ultralarga. Qual è la sua opinione su questa iniziativa?
Intanto dal Governo non abbiamo ricevuto alcun invito. Poi mi sembra chiaro che questo progetto è molto focalizzato sul mercato residenziale e noi in Italia serviamo sostanzialmente il mercato business.
Ma sull’idea di questa super rete è d’accordo? Personalmente credo che, nel medio periodo, per l’Italia sia più importante superare il digital divide che avere una rete in fibra che oggi servirebbe a poco. Meglio rendere più efficiente il network che c’è già, anziché portare la fibra a tutti. Non le sembra un discorso poco lungimirante? E’ strano pensare che con tutte le criticità che ha il nostro paese si debba andare a finanziare una rete in fibra per supportare servizi che forse ci saranno tra quindici o vent’anni. Senza contare che nel 2025 ci potrebbero essere nuove tecnologie da utilizzare. Una rete più veloce stimolerà servizi più evoluti. Qual è il differenziale di prezzo che i clienti saranno disposti a pagare, rispetto all’Adsl, per avere la fibra? In questo momento si parla di un premium price di 2-3 euro. Quali interventi dovrebbero essere messi in moto? Dobbiamo puntare sulle aree metropolitane per creare una rete in grado di raccogliere più traffico. E poi puntare maggiormente sul cloud computing, sulla possibilità di far migrare prodotti e servizi in remoto, la vera evoluzione delle infrastrutture informatiche. Nel futuro dovremo imparare a utilizzare i computer come oggi si utilizza l’energia elettrica, solo quando ci serve.
E l’aumento del canone dell’ultimo miglio? Rimango perplesso in merito al comportamento dell’Agcom, che da un lato spinge lo sviluppo di una rete di nuova generazione e poi permette a Telecom Italia di far crescere i prezzi dell’unbundling incentivando la vecchia rete in rame.
Nel Regno Unito Bt è quello che in Italia è Telecom. Ritiene che l’accesso alla rete da noi sia davvero aperto? Le rispondo così: in Inghilterra, dove c’è un network davvero aperto, nessuno ha pensato di fare una seconda rete.

Insomma, carne al fuoco tanta, interessi tantissimi e spesso contrapposti. Io partirei da un punto saldo, ovvero che una rete in fibra è necessaria e che la scarsa diffusione di servizi che usino la banda ultralarga oggi è dovuto più alla mancanza di rete che non alla carenza di opportunità. Il video di Quinta lo spiega meglio di me.

Metto sul piatto anche una seconda opzione – non alternativa ma complementare – che mi pare ragionevole nel breve periodo.

E’ il 2/2/2, ovvero due miliardi di euro per portare in due anni due Mbps ovunque. Un progetto tutto sommato abbordabile come risorse economiche, accettabile come tempistiche, che elimini il digital divide attraverso l’uso di rete fissa o mobile portando la banda larga ovunque in Italia. Portiamo avanti due idee in parallelo, una che elimini il digital divide nel breve e una che doti il Paese di una infrastruttura in fibra per i prossimi decenni.

Che ne dite?