Da gennaio 2006, Telecom Italia aumenterà il costo di spedizione della bolletta. Ogni utente dovrà pagare almeno 37 cent, ma la cifra potrà essere più alta se il peso della busta sarà superiore ai 20 grammi. Da 21 a 50 grammi si pagheranno 77 cent, da 51 100 grammi 82 cent, da 101 a 250 grammi addirittura 1,62 euro.

TI si affanna a spiegare che “un conto telefonico standard di 4 fogli rientra nello scaglione minimo“, ma chi effettua diverse chiamate sa che il dettaglio da solo può arrivare a qualche pagina. Certo, c’è l’opzione gratuita per visualizzare la bolletta sul Web tramite il servizio Conto on Line e risparmiare sulle spese di spedizione, ma l’ex monopolista non può aggrapparsi a questo per giustificare gli aumenti.

In primis, TI dovrebbe ridisegnare l’attuale bolletta: se paghiamo l’invio della bolletta a peso, in quei fogli ci devono essere solo informazioni utili. Intestatario della linea, riepilogo dei costi, dettaglio chiamate se richiesto. Niente pubblicità ai servizi di TI stessa, che spesso campeggiano ovunque nelle attuali bollette.

In secundis, non si capisce perchè la spedizione sia così cara. Se andate dal panettiere e comprate un chilo di pane, lo pagherete una certa cifra. Se dallo stesso panettiere comprate un quintale di pane ogni giorno, il prezzo sarà molto più basso. Spedire una lettera costa 45 cent, spedirne qualche milione ogni mese per anni non può costare 37 cent. Il dubbio è che in quel costo sia annegato, in toto o in parte, anche il costo amministrativo sostenuto per “creare” la bolletta.

Il terzo aspetto della vicenda è più datato e riguarda le cause (quasi tutte vinte) che alcuni consumatori hanno intentato contro TI presso i Giudici di Pace. Hanno chiesto ai giudici di obbligare TI a rimborsare i soldi pagati per la spedizione delle bollette e hanno vinto.

Il D.P.R. 633/72 che concerne l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, prevede infatti all’articolo 21, disciplinante la fatturazione delle operazioni, comma 8, “che le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo“.

Se aggiungiamo che il D.M. 197/97, cioè il regolamento di servizio concernente le norme e le condizioni di abbonamento al servizio telefonico, stabilisce all’art. 18 che “la bolletta telefonica costituisce fattura e il gestore dovrà inviarla all’abbonato con almeno quindici giorni di anticipo rispetto alla data di scadenza dei pagamenti”.

Il conto telefonico è una fattura, l’invio della fattura non può essere oggetto di addebito a qualsiasi titolo (dunque nemmeno spese di spedizione) eppure TI fa pagare l’invio. Dobbiamo andare tutti dai Giudici di Pace, oppure visto che paghiamo legislatori e Autorità di controllo, è lecito aspettarsi che qualcuno intervenga a monte?