Anche se a breve sarà soppiantata dalla parola smart (sì, ci ritroveremo smart cities, smart devices, smart food… ma non smart people), la parola che va di moda adesso è ancora start-up.
Specie negli annunci di lavoro, pare basti scrivere “start-up” per giustificare la ricerca di personale qualificato non retribuito. Partendo da un tweet di Pier Luca, sono andato a spulciarmi 5-6 pagine di annunci per leggere le seguenti chicche:
– Attualmente non c’è un compenso immediato ma chiediamo un investimento momentaneo di energie.
– Precisiamo che il magazine è in fase di start up e non prevediamo nell’immediato una forma di retribuzione.
– Il ruolo è inizialmente part-time, in parte formativo ma se avete già esperienza meglio ancora. Poiché siamo in fase di start-up, ma fino a novembre. In caso positivo verrà stipulato un accordo differente ( attualmente non possiamo permetterci di pagare nessuno).
– cerchiamo persona voglia inserirsi in progetto start-up che attualmente non ha budget e di conseguenza non può investire, ma che sta sviluppando una buona parte commerciale.
Vedrei meglio questi annunci in una categoria “Volontariato”, piuttosto che lavoro.
Quello che scrivi è verissimo, ma bisogna anche ricordare che ci sono startup (anche in Italia) che invece quando cercano professionisti li pagano (penso a Blomming, Spreaker, MusixMatch e tante altre piccole realtà).
Per risolvere il problema basterebbe fornire delle quote della società. Anche se inesistente e ancora senza capitale. Almeno così sai che se il tuo “volontariato” darà dei frutti, a goderne non saranno solo quelli per cui hai lavorato gratis.
Senza contare che se c’è in gioco qualcosa di tuo, se sai che dando il massimo ci guadagnerai anche tu, ti ci impegni molto di più!