Poco da commentare sull’attacco personale al sottoscritto e a Mirko Pallera (che ha risposto con una nota su Facebook) fatto da Riccardo Luna attraverso il blog di Wired (avrei voluto lasciare un commento anche là, ma non funziona e la pagina privacy a cui punta il link registrazione è desolatamente vuota): l’attacco è la parte meno interessante per i lettori (miei, per lo meno).

Riporto, a beneficio di chi se lo fosse perso, quanto scrivevo nel febbraio 2010 al lancio dell’iniziativa:
“Secondo me l’operazione non e’ nata come operazione di marketing ma come idea in cui si crede (non conosco cosi’ bene Luna da poterlo dire ma mi fido di Mantellini), poi ovviamente ha risvolti di marketing e comunicazione: primo perche’ l’idea la devi far conoscere per cui serve un piano di comunicazione, secondo perche’ Condenast non e’ un ente benefico per cui sfrutta il ritorno di immagine che l’idea di una delle persone che ha a libro paga ha avuto e porta avanti. Fatta questa premessa, rimetto la palla al centro: tralasciando l’aspetto commerciale, il punto rimane se uno strumento (che per definizione potrebbe essere usato bene o male) possa essere candidato a Nobel per la pace. Non mi sono ancora fatto un’idea precisa, ondeggio tra l’entusiasmo e la depressione :)”

Non ho cambiato idea, come si legge, rispetto all’uso di strumenti di marketing e comunicazione per sostenere un’idea che non considero corretta. Non a caso Michele scriveva “Viste le numerose discussioni pro e contro che si sono accese dentro e fuori dalla rete dare incarico ad una società indipendente che stimi un rating (con tutti i crismi) dei sentiment sull’iniziativa mi sembra una bella occasione per Wired e per valutare l’efficacia dell’iniziativa oltre ogni ragionevole dubbio o perplessità di chicchessia :-)”.

La risposta ‘di pancia’ di Luna merita almeno una riflessione finale senza lasciare per strada alcuni punti. Eccoli:

– “I due post però hanno chiamato in causa anche i lettori di Wired che hanno aderito alla campagna”: falso, almeno nel mio post. Io discuto dell’idea che ritengo debole e del marketing&comunicazione dell’idea, che ritengo geniale.

– “La campagna è stata voluta da Ogilvy per posizionare Wired”. Questo non è esatto. Ogilvy, com’è noto a molti, ha gestito il lancio di Wired in Italia. Il rapporto con l’agenzia – dal punto di vista contrattuale – è finito qui. Ogilvy ha fatto uno splendido lavoro (retribuito o meno, poco importa) e il mio post lo sottolinea: una delle migliori campagne di marketing degli ultimi anni. Paolo Iabichino è una persona che ha la mia immensa stima e solo un grande creativo poteva ‘vendere’ un’idea in maniera tanto efficace. Chapeau! Credo che il grande lavoro svolto sia noto anche a Ogilvy stessa, tanto che la campagna era candidata al 57esimo Advertising Festival di Cannes. Advertising credo che abbia un significato univoco. Poco importa se ci fosse un contratto o amicizia o altro, l’unico tema in discussione lato mio è se una campagna di comunicazione porta beneficio (ad esempio di posizionamento) a chi lancia l’idea e ne è il frontman, in questo caso ad una rivista e al suo direttore. Io ritengo di sì, se la risposta alla domanda è no chissà migliaia di agenzie di comunicazione su cosa lavorano ogni giorno. Un direttore di una rivista che parla di tecnologia e innovazione deve essere riconosciuto competente in materia per essere credibile nel suo lavoro, su questo concordiamo? Quale migliore processo di accreditamento che un’iniziativa così ‘alta’ come il Nobel a Internet?

– Il mio editore è stato sempre contrario a Internet for Peace: un editore contrario ad una cosa non la fa accadere, siamo tutti abbastanza grandi da saperlo e il rapporto particolare di fiducia che lega un direttore al suo editore rafforza questa ipotesi. La vendita di spazi pubblicitari ‘a sostegno della campagna’ dimostra che l’editore ci ha – giustamente o meno non sta a me dirlo – creduto, nei limiti di quello che sono i suoi obbiettivi di mercato. L’edizione speciale di Wired che sarebbe uscita se Internet avesse vinto e la conseguente campagna di vendita degli spazi pubblicitari iniziata settimane fa mostra che, in fondo, le idee e gli ideali devono essere anche sostenibili economicamente se portati avanti in un contesto di mercato. Non c’è nulla di cui vergognarsi, caro Direttore, anzi riuscire a farlo è un punto di merito. Perchè vergognarsi? Un’idea etica o una battaglia su principi ritenuti fondamentali (la libertà di espressione, la pace, ecc) che usa il marketing per emergere è una bellissima cosa, non c’è nulla di male a farlo e ad ammetterlo. Anzi, c’è da andarne fieri!

– “La campagna è servita a prendere pubblicità di aziende che altrimenti non sarebbe arrivata”. Non credo. Magari non lo crede il direttore, ma se lo crede l’editore… vedi sopra.

In Italia il manifesto di i4p è stato accolto con molta freddezza da tanti blogger per motivi che non fatico ad immaginare: ovvero? quali sono questi motivi? Un po’ troppo comodo lanciare il sasso e nascondere la mano. Mettere in dubbio la onestà intellettuale di tutti coloro che hanno criticato l’iniziativa è un tentativo di sfuggire al nocciolo della questione. Chi ha criticato l’iniziativa lo ha fatto in maniera aperta e coerente, visto che a Riccardo Luna è facile immaginare i motivi e a me no, vorrei saperlo direttamente da Luna. Risponderà prima o poi su questo, caro Direttore?

“La campagna non ha avuto nessun senso, il Nobel è per le persone”. Questa è una opinione che trascura il messaggio più profondo che abbiamo cercato di dare. Questa è un’opinione: esatto! Il punto era esattamente questo: discutere dell’idea.

E’ curioso che Riccardo Luna si sia sottratto al dibattito per mesi: una interessante discussione di febbraio non ha avuto seguito, ce ne sono altre decine sparse per la rete. Un solo confronto (in spazi per altro ben definiti) è un po’ poco rispetto al potenziale dibattito che emergeva. Il fatto che illustri personaggi abbiano aderito non può che fare bene al Web, fa molto meno bene avere un approccio top-down su un medium che è orizzontale e che dovrebbe facilitare la conversazione.

L’unica vera obiezione fatta (da altrettanto illustri personaggi, a meno che Morozov ad esempio non sia uno sconosciuto; da italiani che meritano comunque rispetto – ad esempio Raffaele Barberio – e sui giornali; ma anche da illustri sconosciuti, e non vedo perchè queste opinioni Luna le consideri meno meritevoli di ascolto) non ha ricevuto risposta: la rete è uno strumento e gli strumenti non sono buoni o cattivi, i buoni e i cattivi sono le persone che li usano. Da mesi la Rete, quella Rete che Luna ha candidato al premio Nobel, gliene chiede conto e da mesi il silenzio è l’unica risposta che arriva.

Ci sono i pedofili in rete e allora niente Nobel? La rete aiuta i dissidenti a comunicare e allora vinca il Nobel? Questo è il dibattito che per mesi si è cercato di portare avanti. Se vogliamo dare il Nobel a Internet, diamolo a chi usa il Web per fare cose rilevanti. Nelle varie discussioni, le proposte non sono mancate: dai ragazzi che durante la rivolta verde in Iran hanno tenute attive le connessioni rischiando la vita a WikiLeaks. Perchè non sono state discusse?

Prima del Nobel a Internet, perchè non parliamo di digital divide in Italia? Perchè non portiamo avanti con forza la liberalizzazione del WiFi, la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, la creazione della rete NGN? La creazione di una banca dell’Innovazione e lo sviluppo di una cultura del venture capitalism sono meno importanti per il nostro Paese? Perchè non facciamo in modo che i giovani che si affacciano al mondo del lavoro abbiano opportunità e un futuro, ad esempio proponendo un manifesto etico che abolisca gli stage non retribuiti nelle aziende?

Rispondere ad osservazioni (lecite, argomentate, pubbliche, poste da mesi) cercando di screditare chi le fa e non entrando nel merito non è la strada corretta, a mio modo di vedere. Se è vero – così si legge in alcuni dati circolari nei giorni scorsi – che le vendite di Wired tra giugno 2009 e giugno 2010 siano più che dimezzate (-51,3%), posso solo sperare che la risposta di Luna sia dettata dal nervosismo per i dati e non perchè ritiene che screditare un interlocutore sia il modo per metterlo a tacere.

Se così non fosse, allora caro Direttore riaccendiamo il dibattito e mettiamo il Web al centro della discussione, accettando però che esistano posizioni differenti dalla sua. Io amo Internet quasi sicuramente più di lei caro Luna e mi nutro di Web probabilmente da molti più anni, se voglio discutere di Rete è perchè ci tengo. Sa dove trovarmi.

3 pensiero su “La Luna nel pozzo”
  1. @Storico, concordo che la risposta di Iabichino sia pertinente: dice esattamente le cose che ho scritto io, l’ultimo passaggio specialmente è illuminante 🙂

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