Sempre a proposito di proprietà dell’identità, bella riflessione di Luca sul voice blogging e sul fatto che Google chieda di “donare la propria voce” per una nuova applicazione:

By donating their voice samples, those who call up the Google information service help the company create a system that could be used for a number of internet applications in the future.

Il punto è che la cultura economicista sta penetrando in territori culturali molto bizzarri. L’idea di donare la propria voce (l’intonazione, il modo di pronunciare, le onde sonore…) a un’azienda è bizzarra. Ma dipende dall’idea a monte che un’azienda possa sviluppare brevetti e proprietà intellettuale sfruttando cose che sono di sua proprietà. E se queste cose sono brandelli di patrimonio genetico, voce, immagini, allora si deve dichiarare che l’azienda può avere la proprietà di quelle cose.

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