Della vicenda Telecom, come fa giustamente notare Alfonso Fuggetta sull’ultimo numero del Corriere delle Comunicazioni, si sono analizzati soprattutto gli aspetti economico-finanziari, tralasciando spesso uno dei temi industriali più importanti: quello della net neutrality. Si discute insomma se sia giusto o meno fissare delle priorità (o mettere dei blocchi) per il traffico che passa su una rete. Oggi i dati sono bit, non c’è più differenza tra voce, immagini, musica: tutto è un 1 o uno 0. I sostenitori della rete neutrale dicono che non ci debba essere priorità sui dati, ma quello che accade all’estero in questi giorni sembra andare nella direzione opposta.
Vodafone UK ha messo sul mercato l’atteso Nokia N95, bloccando però il WiFi: chi compra lo smartphone potrà connettersi al Web solo usando una connessione mobile di Vodafone, non hot-spot WiFi qualsiasi (sulle motivazioni che dà Vodafone, magari bloggo a parte….).
Sempre nel Regno Unito, Orange si appresta a lanciare una flat dati su linea fissa, bloccando però l’Instant Messaging e il VoIP. Lo scorso anno, ci furono polemiche perché alcuni provider nazionali filtravano il traffico peer-to-peer degli utenti ADSL. Insomma, non tutti i bit nascono uguali agli occhi delle telco. Per chi la rete non ce l’ha, la neutralità è un diritto. Per chi la rete l’ha costruita sborsando fior di miliardi, la non neutralità è una possibilità lecita e auspicabile.
Neutralità si o no? Quando il cliente compra un prodotto è giusto che vengano bloccati alcuni servizi? Quando sottoscrive un contratto per una flat dati, è giusto che il provider o l’operatore dica quali dati possono passare e quali no? Un tema non di poco conto, proprio nel momento in cui si parla di Next Generation Network (NGN).
Un “giocattolino” da qualche decina di miliardi di euro (12-14 miliardi, ipotizzando 20 milioni di utenze), perché creare una nuova rete nazionale in fibra ottica richiede molti investimenti. Investimenti ancora maggiori per avere una rete FTTH (fibra ottica fino a casa degli utenti, non fibra fino alla cantina e poi il vecchio doppino di rame dalla cantina all’appartamento). L’accesso VDSL è sub-ottimale rispetto al modello FTTH, ma è quello su cui spesso ragiona la classe politica.
Telecom Italia non sembra essere intenzionata a fare da sola investimenti per l’NGN, se non dietro la certezza che l’investimento sia remunerato. Investimento che probabilmente nessuna società singola può permettersi di effettuare, per questo già si parla di one network, una rete gestita da una società indipendente (magari una public company) che poi rivenda all’ingrosso il traffico.
Proprio per individuare una possibile soluzione, il Garante ha avviato una consultazione pubblica: pur se non citata esplicitamente, la neutralità della rete sarà sicuramente uno dei terreni di scontro più aspri tra chi la rete ce l’ha (e vuol essere libero di fissare le condizioni economiche e d’uso che ritiene vantaggiose) e tra chi non la possiede (ma la vorrebbe usare alle “sue” condizioni).
Alfonso, commentando la decisione di Orange Uk, scrive “Come dire, l’auto te la vendiamo, ma senza bagagliaio, fari e ABS. E non li puoi comprare da nessuno altro”. Stefano spesso scrive, a favore della net neutrality, che “bisogna cambiare prospettiva” e che “gli operatori di telefonia sono degli spostatori di bit”.
Allora proviamo per un momento a cambiarla. Io investo soldi per costruire una rete. Soldi miei, non soldi pubblici. Sono insomma un libero imprenditore che investe denaro in una infrastruttura. Nell’esempio dell’auto, sono una società che decide di costruire un’auto senza bagagliaio, perchè ritiene che abbia mercato. Chi vuole un’auto con bagagliaio, si rivolgerà ad un concorrente (e se tutti costruiscono auto senza bagagliaio? Evidentemente non c’è sufficinete domanda di auto con bagagliaio, e nel momento in cui ci sarà spunterà fuori una società pronta ad investire per produrre un’auto con bagagliaio…).
Tralasciando la questione di “convenienza economica” (dove potrebbe convenirmi aprire totalmente la rete), mi sfugge il perchè io come imprenditore non possa decidere a che condizioni “spostare i bit”, dove per condizioni si intende ovviamente il prezzo, le modalità di accesso alla mia rete, le tipologie di servizi offerti e così via. Ribadisco: non ne faccio una questione economica (“Guarda che se non apri la rete vai fuori mercato e fallisci”), ma una questione di discrezionalità (“Puoi decidere come far usare la tua rete”).
Insomma, la net neutrality sulla carta può anche essere una bella cosa di cui parlare, ma inevitabilmente chi investe i propri soldi in una propria infrastruttura deve avere la possibilità di usarla e farla usare come e quando e a che prezzo crede, nel rispetto delle normative.
Se ragioniamo dal mero punto di vista politico, ovvero in termini di benessere sociale, probabilmente la neutralità trionfa. Ma se si vuole ragionare in questi termini, allora è lo Stato che persegue il benessere sociale (l’imprenditore può perseguire anche il benessere sociale, ma in primis l’interesse è il profitto economico derivante dall’investimento) e quindi è lo Stato che investe. Come uscire dall’impasse?
Max, in linea di principio è così. Ma il discorso va anche contestualizzato, perchè in astratto lascia il tempo che trova. Contestualizzare (IMHO):
– In Italia la rete esistente è frutto del lavoro dei cittadini, non di un privato; se questo lavoro fosse stato effettivamente pagato da chi a suo tempo ha rilevato la rete, allora si potrebbe parlare di vendita… ma non è stato così (lo stato al tempo ha incamerato soldi dalla cessione della rete?). Senza contare che la valutazione del valore della rete è stata ridicola…
– Quanti soldi privati sono stati investiti sulla rete Telecom? Cioè, quanti soldi Tronchetti&Co (e i suoi predecessori) hanno messo in Telecom? Io credo che non ci abbiano messo NULLA: l’acquisto è stato a debito, le proprietà Telecom sono state spostate a Pirelli Re, i dividendi altissimi, la manutenzione non è stata fatta, l’upgrade tecnologico nemmeno… hanno presto TUTTO e dato NULLA.
– L’impossibilità di coesistenza di più reti (cfr. blog di Quintarelli) implica l’impossibilità di creare un mercato che si fonda sulla concorrenza. E’ un monopolio implicito. Allora le TLC o non sono un mercato (perchè sarebbe un monopolio naturale come è oggi) oppure la rete deve essere (addirittura) un public good gestito o dal pubblico o dall’insieme di tutti i privati che commerciano in tlc. Insomma, se stessimo parlando dei proprietari dei mulini il tuo discorso andrebbe bene… ma qui stiamo parlando del signorotto che ha tutte le terre su cui viene cresciuto il grano…
chi investe i propri soldi in una propria infrastruttura deve avere la possibilità di usarla e farla usare come e quando e a che prezzo crede, nel rispetto delle normative.
Principio valido in generale, ma un po’ meno nel campo delle TLC, dove l’operatore agisce quasi sempre sotto il cappello di una concessione governativa: la collettività concede all’operatore di bucherellare il territorio per far passare i cavi, cede la porzione di spettro RF, accetta antenne in giro per il peasaggio, in cambio di un servizio (e di un tot di soldi). E’ giusto che la collettività possa stabilire dei paletti e fissare dei livelli minimi di servizio. Per qualcuno, net-neutrality rientra in questo livello minimo.
Il secondo aspetto è che in molti casi, la telco agisce in un regime di quasi monopolio, e allora anche lì la collettività può avere qualcosa da ridire, per esempio per vietare pratiche che possano stroncare sul nascere un possibile concorrente.
Michele, sono sostanzialmente d’accordo con quello che dici. Però la conclusione qual è dal tuo punto di vista? Esproprio? Rete pubblica?
te la prendi con il dottore perche’ ti dice che sei malato ?
l’elettronica spinge i servizi fuori dal perimetro dell’operatore tradizionale. e’ un fatto.
la rete fissa e’ un monopolio naturale e non e’ replicabile. e’ un fatto.
se vogliamo la concorrenza nei servizi (e questa e’ la decisione politica a monte), il mercato va affettato orizzontalmente con un mercato all’ingrosso con prezzi cost-plus. e’ un fatto.
se c’e’ un mercato all’ingrosso, dato che l’ingrosso cost plus non ha un costo variabile per traffico/sessione ma per utente, un operatore che fa tariffe flat al retail salta fuori. e’ un fatto.
i mobili facciano quello che vogliono, lo stanno facendo. non vogliono essere neutrali ? procedano pure.
ma per la pressione della concorrenza di offerte deregolamentate wireless, wimax, offerte MVNO all’ingrosso, ecc. un operatore che salta fuori con il flat rate dati salta fuori. e’ un fatto.
(magari si deve arrivare all’LTE con 160Mbps per cella)
io non sto dicendo che ci deve essere una legge per la neutralita’ del wireless. dico che non occorre, perche’ il mondo va in una direzione diversa.
mi rincresce se uno sbaglia investimenti. Un mio parente e’ fallito e ci ha rimesso la proverbiale camicia.
e i piroscafi non esistono piu’.
e il mercato del ghiaccio non esiste piu’.
e il mercato della legna non esiste piu’.
la tecnologia ridefinisce i mercati.
“e’ la tecnologia bellezza, e tu non ci puoi fare niente.. niente!”
(citazione)
condividere le reti e concorrere sul servizio e’ proprio una strada per evitare il fallimento “indotto” dalla tecnologia.
IMHO
Andre,
l’operatore paga la concessione e tutto il resto per costruire la rete. La concessione – salvo casi specifici – non vincola l’operatore sul tipo di servizi da offrire, sul prezzo, sulle modalità: quello fa parte del mercato. In altre parole, ad oggi non esiste un “obbligo di neutralità”, almeno che io sappia.
Detto questo, se si vuol stabilire il principio “net neutrality obbligatoria” (il che può anche essere corretto, come ho sottolineato più volte), è chiaro che si può fare: chi – da quando questo principio sarà sancito da una legge che evidentemente non può essere retroattiva – deciderà di investire miliardi saprà quali ritorni aspettarsi.
Io dico che un soggetto che costruisca la rete con investimenti enormi e con vincoli così stringenti come non poter decidere le strategie commerciali non lo trovi facilmente… ecco l’ipotesi di one network e tutto il resto 🙂
Stefano,
il discorso che fai tu è economico: è il mercato che decide dove si va. Infatti dici “non vogliono essere neutrali”:il mio discorso è proprio questo. Tu che non hai la rete spingi perchè sia neutrale, ma così facendo metti paletti (ex post, per altro) a chi ha investito sulla rete.
C’è un soggetto che ritiene sostenibile un modello di business con rete neutrale? Bene, investa, faccia la rete, compri licenze, ecc ecc e stia sul mercato. Ma non puoi stare alla finestra guardando gli altri che fanno le reti e poi battere i piedi perchè non c’è un’offerta commerciale che ti soddisfa.
Max… ammo’. ?
Io non VOGLIO che sia Neutrale.
io dico “ocio, che SARA’ NEUTRALE” e prima ci regoliamo, meglio e’.
per gli oepratori e per il paese.
vaccinarsi e’ utile per i potenziali pazienti e per risparmiare spese sanitarie a livello di sistema.
per ridere un po’…
guarda qui (il video):
http://blog.quintarelli.it/2007/05/era_scritto_nel.html
e, se vogliamo fare filosofia, le cause sono le stesse.
digitalizzazione, interoperabilita’ e standardizzazione per effetto della legge di moore
Non saprei Max. Non arriverei all’esproprio ma la terrei come estrema ratio; e mi sembra che l’agcom (o era il governo? Cerca sul blog del buon Quintarelli) proprio qualche giorno fa abbia fatto un ragionamento analogo… ora bisogna vedere se è tutta apparenza per placare gli animi infuocati degli italiani (e dei muri) che non ce la fanno più di questo scempio delle TLC italiane, oppure l’iniziativa è concreta.
Se potessi decidere io così su due piedi farei come descrivevo nei commenti di:
http://blog.quintarelli.it/2007/05/luigi_einaudi_s.html
Ci sono 10 anni di privatizzazione… grossomodo 360 miliardi di euro di fatturato, di cui 5/6 effettuato da Telecom e 1/6 dagli altri operatori. Al sistema paese occorre: un piano TLC nazionali a breve/medio/lungo termine dal punto di vista tecnologico, e un mercato concorrenziale dal punto di vista economico. Chi vuole vendere connettività deve assolvere a queste necessità del sistema paese, altrimenti non la vende. E le necessità si possono ripartire in proporzione al fatturato delle tlc… 5/6 paga Telecom, 1/6 pagano gli altri operatori. Come? Ogni trimestre finanziario prima si paga il necessario previsto dal piano nazionale per le TLC, e poi da quello che rimane si staccano i dividendi. Se non paghi c’è l’esproprio in agguato, i beni finiscono in un consorzio in cui partecipano tutti gli operatori, e vieni cancellato dal registro degli operatori. One Network… ma con i soldi di chi ci mangia… non con i soldi di chi gia’ ha pagato la rete 3 volte, paga la bolletta, e paga le tasse. Il concetto chiave è che se vuoi fare TLC devi essere responsabile includendo nell’oggetto sociale le necessità del sistema paese, oppure non puoi fare TLC. Invece a me sembra che l’importanza delle TLC per il sistema paese viene usata per giustificare ulteriori fatiche pubbliche (via tasse o via bollette dei prossimi 20 anni) mentre chi mangia dalle TLC prende solamente… e stiamo parlando di grandi numeri…
A questo ovviamente aggiungerei degli obblighi di manutenzione, di peering, etc. La rete DEVE essere una sola e funzionare bene, sotto tutti i punti di vista. Ci sono dubbi sulla remunerazione degli investimenti? Non c’è problema; la rete torna allo stato, paghiamo noi, ma la rete su cui mettiamo i soldi è MIA, TUA, di Stefano… non di Tronchetti&Co.
L’approccio deve essere diverso in quanto è necessario distinguere la rete Telecom da quelle di altri operatori (Fastweb, Vodafone, …). Quest’ultimi hanno tutto il diritto di scegliere quali bit trasportare e come…hanno investito direttamente su licenze e network.
La rete Telecom dovrebbe invece essere considerata come una rete pubblica proprio perché finanziata a suo tempo da soldi pubblici. Su questa rete deve iniziare lo sviluppo di una rete neutrale.
Come ho scritto anche sul blog di Alfonso Fuggetta, lo sviluppo di una rete neutrale non è una soluzione nuova. In Svezia la Stokcab (www.stokab.se) è una società creata dalla città di Stoccolma che gestisce in modo totalmente neutrale una rete in fibra ottica (oltre 1 milione di km), cavo e tra poco anche una rete wimax. È stata costituita nel lontano 1994!
Invece è importante che l’autorità sia più presente sul mercato e tuteli il cittadino da imprenditori tipo Tronchetti&co che con le loro mosse di finanza “strategica” hanno distrutto aziende valide in termini di potenziale e risorse.
Quindi, in conclusione,per favorire lo sviluppo di servizi “next gen” la rete deve essere neutrale e bisogna partire da una rete esistente (Telecom — e non sarebbe un vero e proprio esproprio!).