Ecco la proposta sulla rimodulazione delle tariffe di roaming, sostanzialmente tre tetti per le tariffe all’ingrosso: uno per le telefonate nel Paese estero in cui si trova l’utente, pari a 33 cent/min; un altro per le telefonate dirette fuori dal Paese dove l’utente si trova a 49
cent/min
, e un terzo per la risposta alla chiamata, ovvero 16,5 cent/min, cifre che per le telefonate al dettaglio includono un sovrapprezzo del 30%, non previsto per quelle all’ingrosso.

I tetti stabiliti per le tariffe al dettaglio per le chiamate ricevute saranno effettivi dal giorno stesso in cui entrera’ in vigore il regolamento Ue (tra il 2007 e il 2008, se tutto va bene), mentre per le chiamate effettuate le nuove tariffe entreranno in vigore automaticamente dopo il ”periodo di transizione”, fissato in sei mesi, per permettere agli operatori di apportare gli aggiustamenti necessari.

Oggi praticamente tutti i giornali danno spazio ai promessi tagli sui prezzi del roaming, da un lato Viviane Reding soddisfatta (“Bisognava mediare, impossibile ottenere il 100% degli obiettivi”) dall’altro gli operatori delle grandi alleanze internazionali che fanno buon viso a cattivo gioco (molti si dicono soddisfatti, quando fino a ieri sbraitavano contro la Reding).

La riflessione sulla stampa non è però così approfondita (si salvano in pochi) come l’argomento richiederebbe. Gli utenti si concentrano – perchè la stampa si concentra, ovvio – sui prezzi al dettaglio. E così via agli annunci di Tim, Vodafone ed altri sui tagli del 50% alle tariffe. Peccato che si tratti di tagli che arriveranno dopo l’estate e riguarderanno solamente il prezzo al detaglio per le chiamate intragruppo.

La concorrenza non passa però solo dal mercato retail, anzi. Avere più concorrenza, e quindi prezzi più bassi, significa aprire il mercato a tutti gli operatori, anche a quelli che per “età societaria” o dimensioni non possono contare su grandi reti.

In questo senso, davvero fondamentale il meccanismo previsto nella proposta della Reding, che prevede la riduzione del prezzo all’ingrosso: grandi gruppi (per l’Italia, Tim e Vodafone) non potranno più “giocare” a fare i bravi abbassando solo i prezzi retail delle chiamate intragruppo, quelle che hanno virtualmente costo zero (c’è solo il costo industriale). E’ facile dichiararsi pronti ad aprire il mercato alla concorrenza per poi uccidere i piccoli praticando prezzi retail bassi sulle proprie reti e prezzi esorbitanti per il mercato wholesale ai concorrenti.

Un esempio che spiega meglio la situazione? In Spagna, un noto gestore britannico propone ai propri clienti un prezzo inferiore a quanto propone all’ingrosso ai concorrenti che vorrebbero comprare traffico in roaming. In soldoni, se i clienti interoperatore pagano 100, i concorrenti all’ingrosso pagano 150 (cui si deve aggiungere un minimo di ricarico). Banale osservare che gli operatori piccoli non riusciranno in questa situazione ad essere competitivi, dovendo pagare un prezzo wholesale maggiore del prezzo retail.

L’attenzione dei media e degli utenti va quindi spostata dagli annunci-spot dei tagli per le chiamate interoperatore alla battaglia sui prezzi all’ingrosso. Vodafone annuncia che da ottobre 2006 offrirà accordi reciproci ad altri operatori per roaming a 45 cent/min all’ingrosso: perchè da ottobre e non subito? Perchè 45 cent/min e non meno? Perchè questa promessa solo dopo l’intervento della Reding?

C’è già chi propone a qualsiasi operatore accordi di reciprocità con prezzi wholesale a 25 cent/min, quasi la metà del prezzo promesso da Vodafone. E’ evidente che si tratta di operatori più piccoli che cercano di offrire ai propri clienti prezzi minori ma che, in assenza di reti internazionali sufficientemente ampie, devono sottostare alle richieste degli operatori dominanti. Ecco perchè, se si vogliono prezzi retail più bassi, bisogna tifare Reding anche e soprattutto sui prezzi wholesale.

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