Breve divagazione sul mondo delle automobili, sui produttori di auto e sulle loro reti di vendita.

Il dato di fatto è che le case automobilistiche sono entrate pesantemente nel Web 2.0: gli esempi sono decine, giusto per citarne un paio il blog per il lancio della Fiat Bravo o le due imminenti serate ‘blogger’ a Milano e Roma per il lancio della nuova Ford Fiesta (…a proposito, vi racconterò poi come sarà andata). Persone (i manager) che dialogano con persone (i clienti).

Eppure, come probabilmente capita per qualunque azienda abbia una rete di vendita sul territorio, l’anello debole della catena del dialogo non sembra essere l’apice della piramide (i manager), ma la coda (i venditori).

L’azienda, i suoi prodotti, il suo marchio dialogano tutti i giorni con migliaia di consumatori, non sul Web ma tra le mura di un concessionario. Persone che parlano con persone, senza la mediazione di uno strumento 2.0 che possa in qualche modo orientare e influenzare la conversazione.

La scorsa settimana sono stato da un noto concessionario di una altrettanto nota casa automobilistica tedesca. Ho chiesto di vedere un paio di vetture, la prima non era disponibile la seconda mi è stata mostrata frettolosamente. In compenso alla domanda se le vetture possono essere provate su strada sono stato edotto del ‘perchè non si può la casa madre non paga nulla’, del ‘è un concessionario non una giostra che fa fare il giro’, del ‘io perdo tempo a fare la prova e il preventivo e mostrare l’auto poi la gente va dal concessionario di fianco che magari costa 10 euro in meno’.

Ho chiesto quando avrei potuto vedere il modello non esposto e mi è stato detto ‘settimana prossima’, cioè oggi. Sono andato oggi e la vettura non c’era. Il venditore mi ha comunque accompagnato ad una vettura – stesso modello ovviamente – usata, poi impegnato con altri due clienti si è allontanato lasciandomi in balia di un suo collega (che seguiva una coppia interessata alla stessa vettura). Collega che non ha detto mezza parola nemmeno per salutare, in compenso appena la coppia è scesa dall’abitacolo ha chiuso la vettura (io ero sui sedili posteriori…) e se n’è andato lasciandomi solo con la vettura chiusa. Senza salutare, nonostante ci fossero fuori dalla vettura 3 mie accompagnatori. Inutile dire che ce ne siamo andati senza ulteriore perdita di tempo.

Ora, è banale osservare che andrò a vedere l’auto da un altro concessionario, ma è altrettanto banale concludere che gli sforzi enormi fatti per assicurare un certo tipo di comunicazione (sia dall’alto con i comunicati stampa, sia 2.0 con gli strumenti tipici dell’Internet partecipativa) sono vanificati in 5 minuti quando il rapporto tra potenziale cliente e marchio è affidato a venditori come quelli che ho incontrato io. Budget da dedicare al web 2.0? Ok, ma non dimentichiamoci delle reti di vendita sul territorio, di investire in formazione e soprattutto in monitoraggio e controllo, di correggere gli errori anche sfruttando i feedback che arrivano dal Web.

E voi, esperienze negative con i concessionari di auto?

Ps: i blog servono anche a conversare ed informare? Bene, allora il concessionario è Rinaldi di Torino e la casa automobilistica è Volkswagen. Segnare in agenda: ‘Stare alla larga’.