Come ricorda IlSole24Ore di oggi, il 28 marzo – salvo rinvii – ci sarà l’udienza di merito del Consiglio di Stato per valutare se Ipse ha diritto a restituire allo Stato il suo pacchetto di frequenze aggiuntive da 5 MHz ed essere così esonerata dall’obbligo di pagarne il corrispettivo (826 milioni di euro).

Ipse, come molti ricorderanno, non ha mai lanciato i servizi e si è vista dunque revocare la licenza (ma non la fidejussione bancaria), innescando un contenzioso con lo Stato da 826 milioni.

Nei giorni scorsi, scrive sempre Il Sole, 3 Italia ha presentato un analogo ricorso al Tar per restituire i 5 MHz aggiuntivi rispetto al pacchetto di frequenze-base e vedersi così rimborsati 826 milioni (al netto della quota relativa agli anni di esercizio della licenza già trascorsi).

Nell’ipotesi peggiore quindi, a distanza di sette anni, l’avventura Umts potrebbe regalare al Tesoro un “buco” di 1,2 e 1,4 miliardi di euro. In realtà, “secondo una stima di tre fra i maggiori esperti del settore — Carlo Cambini del Politecnico di Torino, Antonio Sassano della Sapienza di Roma e Tommaso Valletti dell’Università Tor Vergata — già dal prossimo anno lo Stato potrebbe incassare tra 1,35 e 1,8 miliardi di euro. Il ministero delle Comunicazioni non ha ancora deciso come gestire 255 megahertz in banda L (utili per la tv mobile) e nella banda dei 2.0 e 2.5 GHz (servizi Umts o Wimax). Per ogni MHz si stima un valore di mercato tra 2,5 e 3 milioni che porterebbe, in caso di asta, a un incasso compreso almeno tra 637 e 765 milioni. La seconda risorsa è costituita dal possibile allungamento delle licenze dei quattro operatori Umts. In questo caso le compagnie potrebbero ottenere un’estensione della durata, dall’attuale termine del 2021 al 2025, in cambio di un corrispettivo calcolato sul modello inglese (Administered incentive pricing) che oscillerebbe tra 725 e 1 miliardo di euro per ogni anno di prolungamento”.