Google ha lanciato, come suo solito in beta, il nuovo servizio di Ad Manager: si tratta di “a hosted ad management solution that can help you sell, schedule, deliver, and measure all of your directly-sold and network-based inventory”, ovvero una piattaforma che permette agli editori di gestire in prima persona gli spazi pubblicitari sul proprio sito.

Più che mai azzeccato il commento di Mante: un ulteriore passo verso la disintermediazione, verso l’accorciamento della catena, l’avvicinamento dell’editore all’inserzionista. In altre parole, una dichiarazione di guerra o quasi ai centri media tradizionali, veri ‘cuscinetti’ tra chi cerca spazi pubblicitari e chi li offre.

Proprio nei giorni scorsi discutevo con un collega sulla necessità che il mondo dell’advertising on line cambi prospettiva: dalla vendita un tanto al Kg sul modello CPM alla vendita di qualità su base CPA. Vendere 10 milioni di impression a 100 oppure vendere 5 milioni di impression a 70 e usare i 5 milioni rimanenti per spazi pubblicitari pagati sulla performance di vendita? Io scommetto che il futuro sarà questo secondo modello, perchè ovviamente una vendita viene remunerata anche 1000 volte più di un’impression.

Il consulente-intermediario che continua a proporre all’inserzionista di spendere soldi per comprare impression al prezzo più basso, è destinato ad uscire dal mercato con l’arrivo di piattaforme che permettono al publisher stesso di gestire in proprio gli spazi. Il consulente-cuscinetto che riuscirà a proporre al cliente una strategia diversa -ad esempio il modello misto CPM/CPA – allora potrà continuare ad esistere sul mercato.

Non è un passaggio facile, nemmeno a livello aziendale: chi per anni è stato abituato a ragionare puramente ad impression, raramente accetta il passaggio filosofico al CPA. Chi vuol fare brand, continuerà a ricercare la presenza. Chi vuol vendere on line (e sempre più aziende lo fanno) cerca modelli diversi, principalmente basati sulla performance.

E Google come sempre annusa l’aria, respira i cambiamenti e li traduce in piattaforme. L’editore conosce gli spazi che funzionano bene per la vendita, quelli che funzionano bene per il branding, quelli che visitano gli uomini di 40 anni e quelli che visitano le ragazze di 20, le pagien più viste alle 3 di notte o alle 10 del mattino. L’inserzionista sa se cerca le ragazze di 20 anni o gli uomini di 40, sa se vuole vendere un prodotto adatto ai nottambuli o alle famiglie. In mezzo la piattaforma Google, che incrocia esigenze degli uni e degli altri. Chi non segue a ruota, rischia di uscire dal mercato.