Pubblico per intero una lettera di una quasi-ex (per via della cessione di 1000 persone) dipendente Vodafone:

Sono una dipendente Vodafone, ceduta a Comdata, notizia appresa leggendo il “Sole 24Ore”. Mi sono chiesta spesso cosa sarebbe accaduto se fossimo rimasti Omnitel, con quelle persone in grado di cambiare le cose in Italia, di dare speranza, futuro e lavoro ad una paese bloccato da monopoli di legge o di fatto di vario tipo. Adesso me lo chiedo senza sosta.

Siamo 914 in tutta Italia ad essere “esternalizzati.” Questa parola nel giro di poche ore e`diventata parte attiva della nostra vita, ci fa compagnia quando lavoriamo, quando siamo in saletta caffe`, quando facciamo la spesa, quando portiamo i nostri figli all`asilo. un pensiero fisso. Unica certezza granitica che colma i vuoti, i silenzi, l`assenza di informazioni di questi giorni.
La cosa che piu` preoccupa tutti noi e intendo non solo i 914 di Vodafone direttamente coinvolti nella esternalizzazione, ma tutta la community degli assunti a tempo indeterminato di qualunque realtà italiana è questo uso indiscriminato della legge sulla cessione del ramo d’azienda sempre più da parte di società sane e con profitti da capogiro…
Bertinotti disse che una delle prime cose da affrontare, una volta arrivati al governo, sarebbe stato limitare l’uso della cessione di ramo d’azienda a quelle società che realmente sono in difficoltà, e dare più regolamentazione al Far West dei call center. Per Atesia ci sono riusciti ma per Wind prima e per Vodafone ora, entrambe realtà di primo piano della nostra economia, adesso, non sento proferire parola.
Nei call center Vodafone ci sono all’incirca 5000 persone, anzi adesso 4086, ma noi siamo solo la punta dell’iceberg. Tutte le aziende italiane stanno immobili e col fiato sospeso a guardare cosa accadrà nei prossimi giorni, sperando che nulla accada e che tutto prosegua lungo la scia del percorso già tracciato, perché se riuscirà la ricca e famosa Vodafone a sbolognare i dipendenti senza una reale necessità ma solo per ridurre i suoi costi ed essere più appetibile per i suoi Stakeholders allora sì, potranno farlo veramente tutti. Per questo serve un segnale forte da parte di governo e sindacati e serve adesso con gli strumenti di legge appropriati per contrastare un atto socialmente irresponsabile anche se legalmente possibile. Occorre riassegnare certezza al diritto.

Vorrei sottolineare la disinvoltura con cui l’Amministratore Delegato – Guindani – descrive l’operazione come un’occasione per Vodafone di dimostrare alle altre aziende come si fa cessione, anche dei dipendenti. Noi siamo certi che avrebbe tanto da “insegnare”, in termini di strategia d’impresa ai danni dei dipendenti. Vorrei invece su questo punto richiamarlo alla responsabilita`sociale d`impresa, vorrei che vedesse nell`operazione avviata ma non conclusa un`occasione diversa, socialmente importante come quella di riempire, per primo, lui, questa frase da vetrina, di un significato concreto e vero e cioè il dovere di un’azienda sana e ricca di mantenere alle sue dipendenze quella forza lavoro che ha contribuito a far si che l’azienda diventasse quello che oggi è.
(…) Non c’è nessun indirizzo giusto nella legge 30, l’unico corretto è quello del mittente, va rispedita indietro, al Governo, perché non legittimi il cammino verso il ricorso alla delocalizzazione e non alimenti i focolai di intolleranza tra deprivati, sempre più stratificati in forme nuove di semischiavitù. “Oggi ero a tempo indeterminato, dal 1 novembre sarò a tempo indeterminato da 6 mesi a due anni” perché questo oggi la legge mi dice.
Ridiamo alle parole il loro significato, ridiamo concretezza e realtà al Diritto per evitare che la nostra societa` diventi ancora piu` surreale, per evitare che gli abusi dilaghino ovunque e sempre piu`tutelati dalla legge. Cosa possiamo prendere come parametro di riferimento? Forse cio`che`e`immorale non puo`diventare legale?
(…) In questi call center lavorano persone laureate nelle discipline più svariate, architettura, legge, economia, lingue, matematica, per anni guidati da personaggi con il naso colante e gli occhi arrossati, con un quoziente intellettivo discutibile ed un livello culturale decisamente medio-basso che è stato comunque sufficiente a garantire loro una carriera più che discreta.

Siamo da diverso tempo definita la generazione dei 1000 euro, adesso aggiungo la generazione del Mutuo che cresce ogni mese, la prima generazione che cresce i propri figli senza il supporto di una rete parentale perché queste cose ce le siamo perse per strada quando il paese è diventato più borghese, siamo la prima generazione che, laureata con conoscenze di lingue ed informatica, riesce ad ottenere un lavoro dopo anni di gavetta e precariato che neanche da lontano somiglia a quello dei propri genitori e men che meno a quello dei propri sogni.
Siamo la prima generazione che non ha più certezza di diritti. Noi non siamo attaccati ai privilegi, e non perche` non li conosciamo, non pensiamo di aver ereditato tutto dai nostri padri ma pensiamo che quel poco che abbiamo lo abbiamo avuto in prestito dai nostri figli, e dentro questo prestito ci metto tutto: civiltà, cultura, solidarietà, senso di responsabilità: è un approccio alla vita più vasto, che si basa sull’imparare ad accontentarsi e non a voler avere sempre di più a danno di chi ha sempre di meno! Avete un tale potere distruttivo: divorate e fagocitate fiducia, futuro, speranza, di menti giovani e brillanti che si sono ritrovate a fare l`unico lavoro oggi possibile in Italia perché in questo paese nulla viene “lasciato” ai giovani…
Noi rispettiamo le regole, noi pranziamo in un quarto d’ora perché la stragrande maggioranza di noi è part-time e non ha la pausa pranzo, noi lavoriamo Natale, Capodanno, Pasqua di tutti gli anni, noi abbiamo fatto crescere i nostri bambini nei nidi e con le baby-sitter mandando indietro il magone che ti assale ogni volta che li lasci in mani estranee perché pensi “devo andare, se potessi starei a casa”, e mi chiedo come mai mia madre 36 anni fa ha potuto scegliere ed io no, nonostante mio marito sia un ingegnere informatico, quadro, non scemo, e mio padre fosse un impiegato diplomato. (non rubava).
(…) Non si può consentire a questa azienda addirittura di far scuola sulla cessione, di fare dell’operazione un modello per le imprese Hanno sempre quel tocco di British che rende tutto più elegante! Siamo al delirio d’onnipotenza: diventare anche nella bassezza un modello a cui far riferimento. Ma chi ascolta nefandezze come questa riesce a mostrare la sua indignazione? Oppure l’abitudine ci ha reso così cinici che non c’è alcuna condanna espressa dal viso di chi ascolta? Hanno silenziosamente toccato il fondo della spudoratezza e dobbiamo anche stare attenti a dirlo. Loro agiscono senza conseguenze, se noi diciamo cosa loro fanno siamo punibili legalmente. Che parola viene in mente a voi?
Io non so come si siano svolte le cose negli altri call center Vodafone, so come si sono svolte nel mio. Sono state cedute ad altra società: Molte persone appartenenti a categorie protette, con le invalidità di ogni sorta. Molte mamme, alcune incinte. Omosessuali manifesti. Diverse persone iscritte al sindacato. Dipendenti full-time con notevole anzianità e quindi costosi in termini di scatti acquisiti nel tempo.
Ad alcuni dei “prescelti” appartengono più di una di queste caratteristiche (fortunati!). Queste persone sono state riunite ad Aprile 2007 in un gruppo, nuovo, per una nuova attività che veniva ereditata da Ivrea, si chiama Acquisizione Corporate: si attivano le sim dei clienti aziendali Vodafone. Un’attività gestita per anni ad Ivrea, affiancata già da Comdata, viene portata a Milano per una piccola parte. Le persone che dovranno occuparsi di questa nuova attività vengono soprattutto dal 190, poche anche da altri reparti ma stranamente sono tante mamme, quasi il 50% del gruppo, qualche omosessuale e qualche full-time di lunga anzianità. All’attività di Variazioni vengono invece indirizzati tanti appartenenti alle categorie protette; anche qui circa il 50% del gruppo è costituito da dipendenti diversamente abili.
Chiedo spiegazioni sul criterio di selezione: perché così tante mamme, molte con bimbi piccolissimi? Perché i disabili, così tanti insieme? E’ sempre stato seguito un criterio eterogeneo in azienda per la creazione dei gruppi di lavoro, ma non questa volta, in questo caso, nel formare l’Acquisizione Corporate a Milano. “Lo abbiamo fatto per voi” -è stata la risposta- “Avrete meno stress, turni più agevoli, non estremi”. Altri ci hanno detto “Perché siete molto bravi”.
(…) Facevamo tutti parte senza saperlo del ramo che sarebbe stato ceduto. Una selezione fatta con estrema oculatezza, le persone che nel tempo avevano fatto un po’ di richieste, le mamme con i loro turni più agevolati che bloccavano la pianificazione nelle front-line (ma non lo abbiamo chiesto noi, è una agevolazione che ci dava l’azienda), i Gay, gli iscritti al sindacato, i full-time con parecchia anzianita`, le categorie protette, ma perché poi si chiamano cosi` se nessuno le protegge?
Tutto questo senza che nessuno sollevi dito o voce per dire che grazie ad una disposizione di legge sono stati annichiliti in un attimo 60 anni di democrazia e tutele del lavoratore come parte più debole del rapporto contrattuale. Perché qui non è solo lavoro, grazie ad un articolo di legge appositamente creato si e` dato luogo alla discriminazione più violenta e becera che si sia svolta in un paese civile da parte di una grossa realtà aziendale. La mia è una realta`aziendale impegnata anche nel sociale.Dimenticavo però il precedente più illustre: Telecom Italia. I fratelli maggiori spianano sempre un po’ la strada.Ridiamo certezza al Diritto, aiutateci a ridare valore al Lavoro.

Milena, acquisizioni Business Milano
Seguono le firme di altri dieci dipendenti Vodafone.