Uno degli aspetti più preoccupanti della vicenda Telecom è quello legato a TiLab, l’ex Cselt. Un centro di ricerca di eccellenza, capace di sfornare 60 invezioni ogni anno, occupando circa 6300 persone (1400 a Torino per l’innovazione in senso stretto, altri a Milano e Roma per l’ingegnerizzazione dei prodotti) e facendo ricerca di alto livello coordinandosi con i maggiori centri mondiali. Dopo il centro Alcatel, TiLab è al secondo posto nella graduatoria dei finanziamenti UE per la ricerca nelle tlc.

AT&T, se riuscirà ad acquisire il controllo di Telecom Italia, non esporterà la tecnologia italiana nel mondo, piuttosto importerà in Italia la tecnologia americana. Scrive Luigi Grassia su LaStampa (unico quotidiano nazionale ad occuparsi per il momento di TiLab):

Il punto di partenza è che la Telecom fornisce servizi di Tlc tramite apparecchiature che non produce in casa; di conseguenza, le sue innovazioni consistono (di regola) nell’assemblaggio originale, nell’adattamento o nell’evoluzione di prodotti già presenti sul mercato, oppure molto prossimi ad arrivarci. Il Cselt, antenato di Telecom Lab, nacque 40 anni fa come centro di documentazione per mettere l’allora Sip in grado di capire che cosa succedeva nel mondo delle Tlc. Oggi la struttura, molto cresciuta, si occupa innanzitutto di suggerire alle divisioni operative del gruppo come utilizzare al meglio la varietà di offerte proposte da produttori come Alcatel, Cisco, Ericsson e così via. Quella che si fa in casa Telecom è innovazione di sistema (non di prodotto): si tratta cioè di capire l’architettura delle tecnologie emergenti e di pila- tare l’innovazione verso le applicazioni più adatte. Tutto ciò avviene abitualmente in rete, in quotidiano contatto con strutture private e pubbliche.