Con poche eccezioni (4-5 nomi, a memoria ricordo Balbi su Repubblica e Carmine sul Sole24Ore), gli articoli che oggi sulla carta stampata raccontano dell’arrivo del WiMAX lasciano parecchio a desiderare.

Su LaStampa, ad esempio, si arriva a scrivere che dalle licenze il Governo “si attende miliardi“, quando sul 99% del resto dei quotidiani si ricorda giustamente che i polli da spennare sono già passati – e sono i gestori UMTS – e che dall’asta per le licenze WiMAX è lecito attendersi qualche decina di milioni di euro, non di più. Arrivare a 2-300 milioni sarebbe già un ottimo risultato, ma arrivare ai miliardi, beh, francamente la vedo durissima. Tra le altre inesattezze, c’è chi parla di WiMAX Mobile come se fosse già realtà (e come se fosse l’oggetto delle licenze), dimenticandosi che non arriverà prima di qualche anno, perchè è ancora in fase sperimentale.

Detto questo, va aggiunto che al WiMAX viene dato parecchio spazio, segno che la tecnologia è molto attesa ed ha creato in questi mesi parecchia aspettativa. Forse un po’ di spazio in puù avrebbe meritato una riflessione sull’UMTS: il WiMAX è un concorrente o un alleato? E, soprattutto, il Governo intende in qualche modo tutelare gli investimenti fatti nel 2001 (migliaia di miliardi di lire per ogni licenza UMTS) dagli attuali gestori mobili? Intende restituire parte dei soldi? Intende riservare parte di quelle frequenze per le telco mobili, “regalandole” per compensare l’assurdo prezzo pagato per le licenze UMTS?

La risposta potrebbe essere scontata (hanno pagato, adesso si arrangino la tecnologia avanza anche senza il loro consenso), ma secondo me non lo è. Non bisogna ragionare nel breve termine, bisogna guardare nel lungo periodo. Tre dei quettro gestori mobili sono stranieri: significa investimenti esteri diretti, qualcosa come 20-30 miliardi di euro. Significa tecnologia, progresso, posti di lavoro, know-how e ricaduta positiva sul sistema-Paese.

Mortificare questi investimenti significa ragionare come se l’Italia nel 2010 chiudesse per ferie: invece no, rimane più che mai aperta, ci sarà il 2015 e poi il 2020 e poi.. e allora, chi investirà ancora miliardi di euro se poi, alla prima occasione utile, l’Italia stessa volta le spalle?